STORIA
Il Ristorante Pizzeria La Grotta della Giamaica è parte integrante di un progetto più ampio: il Lago di Monte Colombo (RN).
Realizzato nel 1987 nella sua particolare forma simile ad una nave e gestito dall’Associazione umanitaria Dare, come il resto delle strutture che sorgono attorno alle rive del lago, devolve gli utili al proseguimento dei fini statutari.
Il nome ha la sua origine in un racconto di Leo Amici – ideatore del Lago di Monte Colombo – sull’omonima Grotta della Giamaica in Siviglia (Spagna).
Punto di sosta per i pirati alla volta della Jamaica e protagonista di storie di vita e d’avventura, fu luogo in cui accaddero e si intrecciarono straordinari avvenimenti.
Disneyland Paris le ha dedicato l’ultima tappa di una delle sue attrazioni dove, dopo il lungo percorso del fiume, superate le rapide e l'animazione di manichini-pirata in lotta, si approda appunto nella cavità della Grotta della Giamaica.
La nostra cucina è nata, prima della struttura stessa, con Maria di Gregorio (1940-2002). Fu lei ad insegnare alle giovani signore dell'epoca come cucinare ai volontari dell’Associazione Dare nelle pause dai lavori per la realizzazione delle strutture intorno al lago.
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La pulizia, l’onestà, l’armonia, la pasta fatta in casa, i dolci della nonna, i prodotti naturali e biologici, l’olio extravergine di oliva spremuto a freddo, la varietà di farine macinate a pietra, il pane con il lievito madre cotto nel forno a legna, la pasta di grano duro trafilata al bronzo, le verdure fresche di giornata sono le basi della cucina di Maria tramandata fino ad oggi con lo stesso amore che la contraddistingueva.
El Chico, “Il Ragazzo”, ha quasi 70 anni e la sua forma si ispira a un modello di brigantino vecchio di tre o quattro secoli.
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Non è in un museo né alla rada in un porticciolo.
Il primo varo è avvenuto nel 1929 a Viareggio.
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Bonetti, un ragazzo viareggino appartenente ad una famiglia di costruttori di navi, tanto tempo fa si recò in Inghilterra. Qui andò a lavorare in un cantiere inglese e un giorno, in una cassapanca, trovò alcuni antichi disegni firmati da un certo Williams: insegnavano a costruire un brigantino.
Bonetti, tornato in Italia, nel 1929 ne costruì tre: El Chico e altri due.
Questi ultimi, purtroppo, ebbero vita breve in quanto durante la guerra furono affondati vicino a Porto Ercole.
El Chico, adibito a trasporto merci tra Santo Stefano e l’isola d’Elba, ebbe maggiore fortuna.
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Anni dopo fece addirittura… carriera!
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Fu scoperto dal regista cinematografico Nestore Ungaro, specializzato in films d’avventura, che lo acquistò.
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El Chico, così, ospitò storie di pirateria, di traversate di mari e di oceani, sia pure soltanto davanti alla macchina da presa.
Furono anni di gloria, dopo i quali fu mandato in pensione nei cantieri navali dell’Argentario.
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«Che bello se un giorno si potesse avere un bel veliero qui al lago», disse un giorno Leo Amici.
Carlo Tedeschi, dopo la sua scomparsa, se ne ricordò e Massimo Piani, esperto skipper, quando si trovò davanti a El Chico nel cantiere navale Cala Galera, vicino a Porto Ercole, rimase folgorato.
Quell’austero brigantino tanto ricco di fascino poteva essere il veliero che Carlo gli aveva chiesto di trovare?
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Nestore Ungaro fu entusiasta al pensiero che il suo veliero potesse continuare a vivere in un luogo dedicato alla pace, all’amore e alla fratellanza. Dopo pochi giorni da questo episodio morì, ma la sua volontà fu prontamente attuata.
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Nel settembre del 1997 si compì l'“operazione El Chico” che portò il brigantino dal Mar Tirreno al lago, attraverso un avventuroso trasporto speciale organizzato da Armando Bandini.